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La comunità terapeutica – tra mito e realtà

9 Novembre 1998

Il volume raccoglie una ricca serie di contributi intesi a rispondere ad alcuni quesiti ricorrenti: che cosa si può intendere per "Comunità Terapeutica"?

C. Mencacci, E. Goldfluss. Invio, selezione, assessment e accoglienza nelle comunità terapeutiche. In: La comunità terapeutica – tra mito e realtà, di A. Ferruta, G. Foresti, E. Pedriali, M. Vigorelli. Ed. Raffaello Cortina, 1998.

Il volume raccoglie una ricca serie di contributi intesi a rispondere ad alcuni quesiti ricorrenti: che cosa si può intendere per “Comunità Terapeutica”? Qual è la rilevanza clinica di questo tema per la psichiatria degli anni ’90? Come ricorda Fausto Petrella nella prefazione, questo era l’interrogativo di base che avviò la discussione durante i lavori del convegno intitolato La comunità terapeutica. Tra mito e realtà svoltosi nel 1996 a Milano, a cui  ho partecipato personalmente. Del convegno mi rimase la viva impressione della numerosa presenza sia di operatori ma anche di rappresentanti delle associazioni di familiari di malati psichiatrici, che a vario titolo parteciparono attivamente ai lavori del convegno: il clima che si respirò in quelle giornate era di grande entusiasmo e viva collaborazione da parte di tutti.

Il processo di rinnovamento dell’assistenza psichiatrica – dal manicomio all’assistenza territoriale  – attuato con la legge 180 del 1978, hanno collaborato molte persone di diversa formazione e cultura, e forse si può rilevare come all’interno del panorama internazionale, l’ Italia  si nota che il modello della Comunità Terapeutica non ha avuto il seguito che in altri paesi ha avuto.
Lo sviluppo storico e sociale delle Comunità Terapeutiche è diffusamente illustrata nell’introduzione al volume a cura di Giovanni Foresti e Enrico Pedriali che analizzano l’esperienza a partire  dalla psichiatria inglese a partire dagli anni della Seconda Guerra Mondiale fino agli anni Sessanta e alle organizzazioni nate dal nuovo Welfare State, che hanno poi culminato con i primi fermenti antipsichiatrici.

Dall’esperienza degli autori viene proposto un nuovo modo di intendere la Comunità Terapeutica a partire dalla rielaborazione delle esperienze pionieristiche più note: la comunità rappresenta un metodo per la cura delle sofferenze psichiche gravi, nella quale l’attenzione individuale al soggetto e al suo percorso terapeutico si realizza attraverso numerosi ‘mediatori’ ambientali e gruppali. L’ottica psicodinamica si articola dunque con quella psicosociale per costruire un modello d’intervento che integra diversi strumenti: il gruppo dei pazienti e il gruppo dei curanti in collaborazione con le famiglie e la rete sociale, costituiscono nel loro insieme un dispositivo di cura, senza privilegiare un aspetto della vita comunitaria nei confronti di un altro.
Questo modi di intendere la comunità, attraverso la condivisione della quotidianità, risponde soprattutto al bisogno di quei pazienti psicotici che non possono fruire di un approccio terapeutico ambulatoriale anche a causa delle difficoltà del contesto in cui vivono.

Nella relazione conclusiva La qualità del contesto umano come fattore di trattamento, Antonio Andreoli delinea in modo efficace gli elementi della Comunità Terapeutica che possono contribuire a renderla come il luogo di cura e terapia che riesce meglio di altre condizioni istituzionali, a soddisfarei bisogni del malato e dei suoi familiari.
Ma quali sono i bisogni “cronicamente” non soddisfatti dalle nostre istituzioni? Innanzi tutto quelli oggettivi, che si estrinsecano sul piano pratico. Andreoli sottolinea come sia la trascuratezza dei luoghi, l’impersonalità dei trattamenti (spesso standardizzati e centrati sulla farmacoterapia),la stanchezza e il burn-out degli operatori (spesso pochi e lasciati soli a fronteggiare situazioni drammatiche) a far sì che il malato ei suoi familiari riconoscano di entrare in “ospedali di seconda categoria”. 

  • Inoltre se nella realtà dei nostri servizi questi bisogni elementari nons ono quasi mai soddisfatti, è perché la malattia mentale scatena un stigmatizzazione sociale che porta ad una negazione collettiva dei bisogni del malato mentale contro cui dobbiamo lottare senza quartiere e con un successo sempre molto limitato. Fra i bisogni obiettivi va anche considerato il bisogno di essere riconosciuti come soggetti di diritto, e prima di tutto di diritto alla salute e quindi anche a sistemi adeguati di copertura e rimborso di un livello decente di trattamento […]Oltre a questi bisogni obiettivi vi sono poi bisogni soggettivi e morali: nelle istituzioni psichiatriche vi è innanzi tutto il bisogno di essere riconosciuti come persone, di avere una propria storia e identità personale […] Poi ci vuole calore, ci vuole soin, caree cure e quella prossimità fisica che definirei materna, così difficile da mantenere, per contrapporsi all’involontario sadismo inerente alla dinamica dei grandi gruppi istituzionali.

Questa lucida e onesta analisi di Andreoli, così rara da sentirsi dai responsabili delle istituzioni psichiatriche, ci mette anche di fronte all’inevitabile scacco che il terapeuta prova davanti al paziente cronico, che viene qui rilanciato come sfida continua a non lasciarsi sopraffare dal nichilismo terapeutico.
Il libro inoltre contiene in appendice una mappa orientativa delle strutture comunitariei taliane. Si tratta di un utile strumento di consultazione per orientarsi nella “rete” dei servizi, che può essere prezioso tanto per gli operatori quanto per i fruitori e i familiari.
Indice dei capitoli:

SEZIONEPRIMA
Origine e sviluppo dei modelli di Comunità Terapeutica

I)L’ area inglese
Introduzione(G. Foresti, E.Pedriali)
Origini della comunità Terapeutiche: problemi e prospettive (J. Stuart Whiteley)
Pressioni culturali sulla Comunità Terapeutica: fattori interni ed esterni(R. D. Hinshelwood)

II)L’area francese
Introduzione(E. Pelanda)
Il lavoro di Racamier a “La Velotte”: introduzione (S. Taccani)
Una Comunità di cura psicoterapeutica (P.C. Racamier)
Interazione tra Comunità Terapeutiche e altre strutture di cura (M. Sassolas)

III)L’area italiana
Introduzione (E. Razzini, M. Stuflesser)
La Comunità possibile (R. Mezzina, M. Colucci, G. Dell’Acqua)
Riflessioni sull’esperienza delle Comunità Terapeutiche in Italia (G. Pietropolli Charmet)
Da un’analisi storica alla prospettiva di cambiamento (E. Pedriali)

SEZIONESECONDA
Il modello comunitario come metodologia operativa

I)I fattori terapeutici
Introduzione(Antonello Correale)
La dimensione gruppale nella Comunità Terapeutica (E. Razzini)
La rete dei servizi e delle relazioni familiari e sociali  (A. Guerrini, M. Stuflesser)
Farmaco terapiae cultura comunitaria (E. Agrimi, M. Mercenario)

II)La Comunità Terapeutica per adolescenti
Introduzione(Carla Marzani)
Adolescenza:un paradigma difficile (S. Vecchio)
Psicopatologia:rilievi epidemiologici (C. Marzani)
Il percorso terapeutico: ricorso alla Comunità  (C. Marzani, G.Monniello)
La famiglia che non sa far crescere (E. Pelanda)
Le caratterisitche della Comunità per adolescenti (P. Conti)
Utilizzo degli psicofarmaci nella Comunità per adolescenti (M. Ferrara)
Prospettive per la Comunità Terapeutica per adolescenti in Italia (C. Marzani,G. Monniello)
L’approccio istituzionale per gli adolescenti psicotici (R. Cahn)
III)La Comunità Terapeutica per giovani psicotici adulti
Introduzione(E. Agrimi, M. Vigorelli)
Invio,selezione, assessment e accolgienza nelle Comunità Terapeutica (C.Mencacci, E. Goldfluss)
Luoghi e ritmi del processo terapeutico comunitario (G. Calvi)
Le attività nella Comunità Terapeutica (A. Mainardi, E. Agrimi)
L’esperienza educativa e le “azioni parlanti” (P. Diliberto)
Ild istacco dalla Comunità Terapeutica (G. Tognola, I. Ripamonti)

IV)La Comunità Terapeutica per psicotici cronici
Introduzione(G. Foresti, E. Pedriali)
Sul significato del concetto di cronicità (E. Maria Izzo)
Il paziente psicotico e il problema della cronicità (A. Bonetti)
Il lavoro d’équipe con il paziente schizofrenico (L. Rinaldi)
Quanta e quale realtà può tollerare lo psicotico? (E. M. Rizzo)
Esperienze comunitarie in corso

SEZIONETERZA
La formazione
Introduzione(A. Ferruta)
La formazione degli operatori nelle Comunità Terapeutiche (D. Kennard)
I compiti dell’operatore in una Comunità Terapeutica (A. Lombardi)
Riflessioni sulla formazione per un fare terapeutico (J. Cunningham Piergrossi)
La formazione come contributo allo sviluppo delle Comunità (A. Orsenigo)

SEZIONEQUARTA
La valutazione
La costruzione delle domande nel processo di valutazione dei Servizi di Salute Mentale (L.F. De Luca)

CONCLUSIONE 
La qualità del contesto umano come fattore di trattamento (A. Andreoli)

APPENDICE
Ricerca e documentazione
Tipologie delle Comunità Terapeutiche pubbliche e private in Italia
Comunità Terapeutiche in Italia (profili conoscitivi)

elenco