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Giornata mondiale della salute mentale.

10 Ottobre 2016

Gli psichiatri: “In Italia si investe troppo poco. Vincolare almeno il 6% delle risorse del Ssn e fissare standard minimi di personale dedicato”

La salute mentale è un bene esigibile individuale e collettivo, è una condizione imprescindibile per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese: è quindi indispensabile che le Istituzioni Regionali e Nazionali si impegnino e si responsabilizzino. La scomparsa di questo tema dall’agenda politica non contribuisce certo a potenziare gli investimenti per garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale il diritto alla cura e all’inclusione sociale

Il 10 ottobre è la Giornata mondiale della salute mentale, una ricorrenza per aumentare la consapevolezza sul tema della dignità e dei problemi della salute mentale, un’occasione per offrire un primo aiuto a chi ne ha bisogno, superando pregiudizi, stigma, isolamento e discriminazione che continuano a gravare sulle persone con patologie mentali, sui loro famigliari e sui caregiver.

I disturbi mentali sono tra le cinque patologie non trasmissibili più comuni insieme ai tumori, alle malattie cardiocerebrovascolari, al diabete e alla broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il carico delle principali problematiche di salute mentale (depressione, alcol, bipolarità, schizofrenia) è molto pesante: in Italia i disturbi psichici, ivi comprese le demenze e i disturbi legati al l’abuso di sostanze, coinvolgono a vari livelli di gravità, lieve, moderata, grave, circa un terzo della popolazione.

Il disagio psichico nel nostro Paese è in aumento: si calcola che negli ultimi anni siano cresciute di oltre un milione le persone affette, a causa in particolare di ansia e depressione, parallelamente però si riducono i servizi per la salute mentale a causa delle restrizione al turn-over del personale e della riduzione delle risorse disponibili.
Aumentano le richieste per la gestione territoriale sia dei pazienti autori di reato ed ex OPG sia di extra- comunitari e aumentano le persone che hanno disturbi psichiatrici e abusano contemporaneamente di sostanze stupefacenti e alcol.

In questa occasione appare utile illustrare alcune proposte che la SIP (Società Italiana di Psichiatria) avanza volte a rinnovare il sistema della Salute Mentale e a supportare iniziative orientate al completamento ed ad una migliore definizione del quadro di riferimento sancito dalla Legge 180/78, successivamente confluita nella Legge 833/78. In ogni caso, appare opportuno ricordare che i due Progetti Obiettivi Nazionali (PON 1996-98 e 1998-2000) abbiano in realtà già delineato in maniera abbastanza chiara gli obiettivi e l’organizzazione dei servizi di Salute Mentale nella nostra nazione, sebbene molti aspetti di tale organizzazione risultino nell’oggi da rivedere alla luce di notevoli cambiamenti dei bisogni di cura legati a profonde modifiche della situazione di contesto, legati soprattutto ai lunghi anni di crisi socioeconomica che l’Italia, come e più del resto dei grandi Paesi Europei, sta attraversando.

Va anche sottolineato che i due PON non sono gli unici documenti ufficiali prodotti in tema di organizzazione del sistema della Salute Mentale, in quanto le Regioni, che sono di fatto depositarie della titolarità dell’ azione legislativa ed amministrativa in tema di sanità, hanno prodotto in questi 38 anni post-180 una serie notevole di Piani Regionali sulla Salute Mentale, che, pur coerenti in linea di massima con quanto previsto dai PON, hanno determinato assetti normativi ed organizzativi specifici delle singole realtà regionali, dato dal quale non si può prescindere. Infine, va ancora ricordato che a livello nazionale sono stati emanati via via nel tempo altri documenti di notevole valore programmatico, di cui ricordiamo in particolare il più recente Piano Nazionale Salute Mentale del 2013, ed i successivi documenti approvati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome , nonchè atti legislativi di grande rilevanza per il Sistema della Salute Mentale, tra cui il passaggio delle competenze della assistenza sanitaria nelle carceri, inclusa quella psichiatrica, ai Sistemi sanitari regionali, ai quali è stata devoluta anche la competenza della creazione e gestione delle Residenze Esterne di Massima Sicurezza (REMS), a seguito della recentissima chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG).

Alla luce di quanto sopra indicato, appare opportuno fornire alcuni elementi di conoscenza e spunti di riflessione, che sono funzionali alla migliore comprensione delle nostre proposte ed osservazioni.

La crisi economico-sociale e la trasformazione dei sistemi
Qualunque proposta di modifica degli assetti normativi non può non partire dalla constatazione del progressivo indebolimento delle risorse a disposizione del settore della Salute Mentale, in termini sia di depauperamento dei sistemi di protezione sociale per le fasce deboli della popolazione, a cui inevitabilmente appartengono la gran parte degli utenti gravi dei servizi di salute mentale, sia di assottigliamento progressivo delle risorse (e dunque dell’ operatività), degli stessi servizi di Salute Mentale.

Tale regressione progressiva del sistema di tutela della Salute Mentale sembra trovare conferma drammatica nel recente documento “Mental Health and Integration. Provision for supporting people with mental illness; a comparison of 30 European Countries”, redatto dalla “The Economist Intelligence Unit” nel 2014 sulla base di 18 indicatori raggruppati in 4 categorie : Ambiente, Accesso ai Servizi, Opportunità, Governance del sistema. Al di là delle critiche che possono essere avanzate al report e alla metodologia adottata, rimane il fatto che i dati raccolti riguardanti l’Italia sono sconfortanti. Infatti, nel ranking complessivo dei 30 paesi EU considerati, il punteggio di 59.9/100 ci colloca al 16mo posto (ovvero dietro tutti i “grandi” paesi europei ed altri meno rilevanti sul piano economico come Slovenia, Lussemburgo, Estonia, Belgio , Polonia e Irlanda); più specificamente, nelle aree “ambiente”, “accesso” e “Opportunità” oscilliamo fra il 13mo e il 18mo posto, mentre disarmante è la nostra collocazione nell’area “Governance”, dove siamo collocati al terzultimo posto (con uno score di 44.1/100), seguiti solo da Austria e Bulgaria.

Tale dato è significativo, dato che l’area “governance” è basata su indicatori quali tasso di trattamenti non volontari, livello di protezione dei diritti umani, il grado di collaborazione fra agenzie coinvolte nei problemi di Salute Mentale, i programmi di promozione della salute, la valutazione del punto di vista degli utenti. Peraltro, ancorchè leggermente datati (2008) i dati del Report “Policies and practices for mental health in Europe” del World Health Organization (WHO) Regional Office Europe sono altrettanto indicativi della povertà di risorse per la Salute Mentale nel nostro paese, che si colloca al 20mo posto su 34 censiti come percentuale di spesa per la salute mentale sul totale della spesa sanitaria (circa 5% a fronte ,ad esempio, del 13% circa di UK, del 10% della Francia e del 9% dell’Estonia), ha una media di 9 psichiatri per 100mila abitanti (20° su 43), a fronte di medie come 12.7 su 100mila di UK), e di 32.9 infermieri per 100mila abitanti (14mo su 34 paesi censiti) a fronte di 51.9 per 100mila di UK, paese di possibile riferimento per analogia tipologica del sistema sanitario.

Peraltro, l’unica indagine nazionale sul sistema della tutela Salute Mentale (Progetto PROGRESS) ha dimostrato che, a fronte di uno standard di 1 operatore ogni 1500 abitanti, confermato anche dall’ultimo PON, nei Centri di Salute Mentale italiani (l’ossatura del sistema territoriale) tale tasso è mediamente la metà (0.5 x 1500 ab.). Tale depauperamento degli organici assume una valenza ancor più significativa ove si consideri il parallelo incremento della domanda di cure e delle incombenze a cui è stato chiamato il sistema di salute mentale nel corso degli ultimi anni, come si evincerà dai punti successivi.

L’Evoluzione dei bisogni nel settore della Salute Mentale
I dati via via emergenti sull’aumento della domanda di cure per disturbi non psicotici (disturbi dell’umore, disturbi d’ansia), per le relativamente “nuove” patologie (es. Disturbi di Personalità, Gioco d’Azzardo patologico, Disturbi del Comportamento Alimentare,), e per i disturbi da “Doppia diagnosi” (comorbidità fra disturbi mentali e disturbi da uso di sostanze). Va ricordato che la sola depressione maggiore, con i suoi tassi di prevalenza crescenti (in Italia ne soffre attualmente il 10% della popolazione generale), rappresenta oggi la seconda fra le patologia umane in termini di “anni vissuti in condizioni di disabilità” . Tutto questo, unitamente al perdurare del pressante carico costituto da casi complessi (in gran parte ma non esclusivamente costituito da pazienti affetti da condizioni psicotiche) rende ormai obsoleto il sistema di cure fornito attualmente dai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) italiani, il cui ruolo, sancito peraltro dai PON , è tuttora quello di assicurare prioritariamente assistenza alle persone affette da disturbi mentali “gravi” , in gran parte costituite da persone affette da Schizofrenia e altri Disturbi Psicotici.

L’assistenza a tale fetta di utenza di fatto assorbe in maniera drammatica la gran parte delle risorse dei DSM, lasciando inevitabilmente e largamente insoddisfatta la richiesta di cure da parte della restante, larga maggioranza dell’ utenza e fortemente carente la risposta del sistema in aree di fondamentale importanza (assistenza nelle carceri, ai pazienti autori di reato con misure di sicurezza alternative, ai soggetti affetti da disturbi mentali in comorbilità con disturbi di personalità e/o con disturbi da uso di sostanze, ai pazienti con disturbi alimentari, presa in carico in continuità terapeutica dei pazienti provenienti dalla neuropsichiatria infantile (pz. affetti da disturbi psicotici, disturbi dell’umore o d’ansia, ADHD, autismo, DCA, disabilità intellettiva etc..) , presa in carico dei pazienti anziani affetti da demenza con disturbi psichici e comportamentali rilevanti, solo per citare qualche esempio rilevante. Peraltro, anche nel caso della schizofrenia e dello spettro schizofrenico e del disturbo bipolare (cioè la gran parte dei cd disturbi gravi) non si riescono ad implementare routinariamente nei DSM (fatte le dovute eccezioni ) tutte le procedure di trattamento farmacologico e psicosociale basate sulle migliori evidenze, così come riportati nelle linee guida internazionali, con conseguente minore efficacia degli interventi.

Necessità di nuovi modelli organizzativi ed operativi dei DSM 
Gli oltre 35 anni di esperienza sin qui fatta indicano molte aree critiche nella organizzazione e nei modelli operativi dei DSM, con numerose “falle” nel sistema. Ad esempio appare decisamente problematico lo scollamento fra il sistema della Salute Mentale della età evolutiva da un lato e quello dell’età adulta dall’altro, con grave pregiudizio per la continuità e coerenza dei programmi di cura; così come è problematica la carenza di collegamento e coordinamento con i Servizi per le Dipendenze (SERD), con la conseguente mancata o inadeguata presa in carico delle persone affetta da patologie in cosiddetta “Doppia Diagnosi”.

E’ altresi ampiamente carente l’intervento sui cosiddetti “esordi psicotici”, sui quali l’applicazione dei modelli più accreditati di prevenzione secondaria permetterebbero una notevole riduzione della cronicità e dei fenomeni di deriva sociale che ne discendono. Infine il sistema è spesso manchevole nel fornire adeguata risposta ai bisogni delle fasce di popolazione più deboli come gli “homeless” ed i migranti . Inoltre notevoli inadeguatezze sono diffusamente rilevabili nell’importante attività nel contesto del sistema giudiziario (assistenza nelle carceri, nelle Rems, nei servizi territoriali per quanto riguarda le persone affette da disturbi mentali autrici di reato con misure di sicurezza alternative alle Rems).

Il problema aperto di una regolamentazione puntuale ed univoca delle modalità di esecuzione dei trattamenti senza consenso 
La Legge 180 individua i principi generali dei trattamenti senza consenso, introducendo la possibilità del trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale, definendone la normativa sul piano formale (individuazione delle condizioni che lo giustificano e più specificamente quelle che giustificano il ricorso al Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) ospedaliero, le procedure di competenza medica da osservare, le procedure di competenza del Sindaco, e del Giudice Tutelare, le nome di garanzia).

Rimangono totalmente assenti indicazioni sugli aspetti più specificamente inerenti le procedure operative come ad esempio:
a) la definizione delle rispettive competenze del personale sanitario e della forza pubblica (nelle sue articolazioni) per quanto riguarda l’esercizio concreto della eventuale coercizione fisica;

b) le modalità e i ruoli del personale sanitario e della forza pubblica nel trasferimento della persona sottoposta al TSO in Ospedale;

c) la legittimazione giuridica e la definizione delle modalità di accesso al domicilio di una persona colpita da provvedimento di TSO al di fuori dell’evenienza di uno “stato di necessità”;

d) la definizione delle circostanze in cui è applicabile il TSO “extraospedaliero”, delle formalità burocratico amministrative che lo regolano e delle modalità operative con le quali attuarlo; e) la definizione delle condizioni necessarie all’ applicazione dell’Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO) e delle relative modalità operative di attuazione.

L’assenza di una più puntuale e univoca normativa ha determinato e determina innumerevoli incertezze, polemiche, conflitti fra istituzioni e soprattutto un florilegio di disparati documenti “esplicativi” e di direttive, con una estrema eterogeneità sul territorio nazionale. Infatti alcuni ditali aspetti, non casualmente è stata emanata, oltre che una Direttiva Nazionale da parte della Conferenza Stato Regioni, una babele di circolari Prefettizie, atti regolamentari delle Regioni o di singole Aziende sanitarie Locali (ASL), documenti di accordo fra Municipalità e ASL. In taluni casi, determinazioni specifiche, caso per caso, dei Giudici Tutelari.

Psichiatria e giustizia 
Il passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al SSN e la abolizione definitiva degli OPG, con la correlata e già confusa, problematica e spesso contestata, creazione delle REMS, hanno indubbiamente aperto un nuovo fronte di impegno per la Psichiatria, riconducendola di colpo indietro nel tempo, nella misura in cui è evidente il riemergere del “mandato di protezione sociale” che è stato tipico della Psichiatria manicomiale, che viene riproposto in nuove e più insidiose forme.

In questo scenario i problemi aperti sono molteplici, tra i quali, solo per citarne alcuni, si annoverano: l’aumento impressionante dei costi per le Regioni e la incompleta realizzazione delle rete di REMS prevista, i prevedibili problemi di gestione della violenza all’interno di queste strutture con notevoli rischi per ospiti e operatori, la crescente Responsabilità Professionale gravante sullo Psichiatra in relazione alla “posizione di garanzia”; la complessità e specificità delle cure da devolvere dentro e fuori dalle carceri ai pazienti autori di reato, spesso gravati da rilevanti comorbidità (Disturbi di Personalità, Abuso di Sostanze in primis) ed in presenza di una per lo più inadeguata competenza professionale nella gestione di simili casi; la sempre maggiore delega ai servizi di Salute Mentale della valutazione e del controllo della cosiddetta “pericolosità sociale psichiatrica” in persone autrici di reato affette da problemi di Salute Mentale affidati ai servizi con misure di sicurezza “alternative”.

Conclusioni
La salute mentale è un bene esigibile individuale e collettivo, è una condizione imprescindibile per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese: è quindi indispensabile che le Istituzioni Regionali e Nazionali si impegnino e si responsabilizzino. La scomparsa di questo tema dall’agenda politica non contribuisce certo a potenziare gli investimenti per garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale il diritto alla cura e all’inclusione sociale delle persone con disturbi psichiatrici.

Appare fondamentale definire in maniera chiara ed univoca gli standard minimi inderogabili nelle dotazioni di personale dei DSM in rapporto alla popolazione assistita, distinti per ciascuna figura professionale, imponendo il principio del rispetto di tali standard da parte Regioni e la garanzia, di risorse a vincolate da destinare all’adeguamento delle dotazioni di personale, all’auspicato miglioramento delle condizioni strutturali dei servizi ed alla formazione del personale, in funzione del miglioramento degli standard di cura. Più in particolare appare indispensabile inserire ex Lege un livello di risorse vincolate da destinare al settore della salute mentale nell’ambito del budget sanitario nazionale, che auspicabilmente non sia inferiore almeno al 6%.

La SIP, nel plaudere all’iniziativa della Commissione Igiene e Sanità del Senato e della Presidente Sen. Emilia De Biasi di dare avvio ad una indagine conoscitiva su tutto il territorio nazionale sulla Depressione, esprime l’auspicio di un rinnovato e più generale interesse del Legislatore sui problemi della salute mentale e nel contempo ribadisce la necessità di un nuovo Progetto Obiettivo Nazionale per la Salute Mentale e l’avvio di efficaci campagne di sensibilizzazione e di lotta contro lo stigma.

Società Italiana di Psichiatria

C. Mencacci, Presidente
B. Carpiniello, Presidente Eletto
E. Zanalda, Segretario
S. Varia, Vice Presidente
G. Di Sciascio, Vice Segretario

Da Quotidiano Sanità

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