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Quando la mente grida aiuto

4 Novembre 2020

Aristotele la chiamava “melanconia”, Munch, che ne soffriva, l’ha ben espressa nel suo angosciante quando l’Urlo: è lei, la depressione, il male invisibile che nei tempi incerti del Coronavirus sta facendo ancora più vittime.

Era il 1893 quando il pittore norvegese Edvard Munch finiva di dipingere un quadro destinato a essere annoverato tra i più famosi del mondo. Raffigurava un omino ectoplasmatico che urla la sua angoscia, stringendosi la testa tra le mani. Lo battezzò l’Urlo, in norvegese Skrik, parola molto onomatopeica che sembra proprio strillare di suo, e con questo nome il quadro è diventato popolarissimo, riprodotto in mille versione.
Munch era un tipo molto depresso, probabilmente a causa di innumerevoli disgrazie familiari: aveva perduto la mamma da piccolo, le sue sorelle e i suoi fratelli erano morti giovani, in casa circolavano sia la tisi sia la follia.

Ciò non toglie che lui, forse anche mettendo sulla tela il suo malessere, abbia raggiunto la rispettabile età di 80 anni, convivendo con alti e bassi insieme ai suoi fantasmi.

Che gli intellettuali, gli scrittori, i poeti in genere le persone di talento siano più facilmente preda di quella che una volta si chiamava “melanconia”, lo afferma già Aristotele in tempi non sospetti. Nel Rinascimento erano convinti che una mente eletta fosse per forza tormentata dalla coscienza dei suoi limiti: insomma, chi più sa, sa di non sapere.

E noi comuni mortali?

Il coronavirus è stato (ed è ancora) una grande prova per tutti e ora numerose ricerche evidenziano che il Iockdown ha provocato o acutizzato i disturbi psicologici nelle due fasce di età tra i I8 e i 29 anni
e fra i 30 e i 44 e soprattutto su persone di sesso femminile. Ma allora la depressione è femmina? Si ammalano due donne per ogni uomo, la prevalenza è doppia in tutto il mondo per una patologia
che segna soprattutto alcuni momenti particolari della vita della donna, come il menarca, con la grande forbice della pubertà, e poi la perinatalità, la gravidanza e infine l’anzianità. Anche l’età più verde si è dimostrata fragile davanti al lockdown.

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