In presenza di un attacco terroristico "la sensazione di pericolo si diffonde a macchia d'olio, soprattutto quando le vie di uscita sono limitate o ci si trova in spazi chiusi"
In presenza di un attacco terroristico “la sensazione di pericolo si diffonde a macchia d’olio, soprattutto quando le vie di uscita sono limitate o ci si trova in spazi chiusi”. Per questo “gli attentati dovrebbero rientrare tra le condizioni di allerta, come gli incendi o i terremoti. Si fa formazione antincendio ma anche dei corsi per insegnare cosa fare in caso di attacco terroristico possono essere un patrimonio contro la paura”. Lo spiega all’AdnKronos Salute Claudio Mencacci, past president della Società italiana di psichiatria.
“Dove ci sono grandi concentrazioni di persone bisogna imparare a gestire il panico di massa – osserva l’esperto, direttore del Dipartimento di salute mentale e neuroscienze dell’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano – Si potrebbe pensare a lezioni per gli operatori e per i cittadini, magari con delle simulazioni, per aumentare consapevolezza e competenza, tenendo alta l’allerta, ma riducendo il procurato allarme. In caso di attacco bisogna infatti sapere come muoversi, in che direzione fuggire, cosa portarsi dietro, cosa lasciare. Sono tutte istruzioni che devono essere date”, insiste Mencacci.
Se “per esempio in caso di terremoto ci dicono di non prendere l’ascensore, in caso di attentato dovremmo dire di non buttarsi giù dal ponte”. “Al di là dei buoni auspici, purtroppo – rifletto lo psichiatra – dobbiamo imparare a tutelarci. Tutte le volte che aumentiamo le competenze e la consapevolezza riduciamo la paura e non possiamo vivere con la paura perché la posta in gioco sono la nostra società e i nostri diritti. Dobbiamo fare di tutto per resistere – conclude Mencacci – perché la passività porta solo ad amplificare la paura e a rinunciare al grado di libertà e civiltà che abbiamo conquistato”.
Da Meteoweb