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Sip: 777mila utenti seguiti dai servizi di Salute mentale

12 Aprile 2017

ROMA – “Secondo i dati del Sistema informativo per la salute mentale (Sism) sono 777 mila gli utenti in cura presso i Servizi di salute mentale (oltre 800 mila se consideriamo anche le Regioni che non hanno risposto). Maggiore è il numero delle donne e più forte è la concentrazione di patologie maschili, come la schizofrenia o l’abuso di sostanze. La prevalenza dei disturbi riguarda in genere l’area affettiva”. A mappare lo stato della Salute mentale in Italia è Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), che ha presentato oggi in Senato i 12 punti della Carta della Salute mentale dove per definire le priorità di intervento. “In Italia sono 17 milioni i cittadini che si trovano ad affrontare delle difficoltà di ordine psicologico– sottolinea lo psichiatra- ed è vero che ci sono disturbi lievi, transitori, permanenti e cronici, ma tutto inizia dal livello lieve”. La spesa complessiva della Salute mentale “ammonta a 3,1 miliardi.

SCHIZOFRENIA LA PIU’ DIFFUSA

La schizofrenia assorbe il 37% di tutte le prestazioni e conta 300 mila persone schizofreniche in Italia”. Dai dipartimenti di salute mentale arrivano “159 utenti ogni 10 mila abitanti e 30 di questi sono schizofrenici (il 20%)”. Mencacci spiega che “il 75% delle malattie mentali insorgono entro i 24 anni, ma l’età media del primo contatto con la schizofrenia, ad esempio, è di circa 27.8 anni. Purtroppo questi soggetti arrivano al trattamento con un ritardo di 10 anni, basti pensare che il 69% dei soggetti al primo episodio riceve un intervento l’anno, ma dopo 90 giorni dall’inizio del trattamento solo 1 su 6 continua la terapia. Dopo sei mesi solo 1 su 10 continua a curarsi. Ne perdiamo tanti- afferma il presidente della Sip- tante persone con schizofrenia le cui aspettative di vita sono ridotte fino a 15 anni rispetto alla media nazionale”.

RICOVERI IN CALO

Nei Servizi di Salute mentale i ricoveri sono in diminuzione. “Nell’ultimo triennio i ricoveri si sono ridotti, ma i numeri variano da Regione a Regione. Le giornate di degenza sono invece rimaste invariate: 12 giorni per i ricoveri giornalieri“. L’affluenza delle persone riguarda soprattutto l’età adulta, “sopra i 45 anni. È poco rappresentata la fascia 25-35 anni e sotto i 25 anni è quasi una caccia all’albino“, continua Claudio Mencacci, in occasione della presentazione della Carta della Salute mentale a Roma. “Questi 39 anni di riforma sono stati importanti- conferma il medico- ma abbiamo una falla legata all’area giovanile che non permette l’avvicinamento ai servizi, che sono calibrati sulle situazioni croniche. Il 90% dei pazienti con schizofrenia è gestito sul territorio e il 10% in comunità. Il sistema quindi funziona bene, ma c’è poca prevenzione. Le nostre strutture non sono appetibili”.

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IL TSO

Il numero dei trattamenti sanitari obbligatori (Tso) cambia da Regione a Regione. Sono stati più elevati nelle Marche, più bassi in Emilia Romagna e ancora meno a Bolzano“. Si tratta comunque di un numero “stabile, che si attesta a 8.777 Tso, ovvero 8,8% dei ricoveri totali, pari a 1.7 per 10 mila abitanti. La Sip e l’Associazione dei comuni italiani si sono impegnate nella formazione delle forze pubbliche ad eseguire il trattamento sanitario nel rispetto della persona umana”. I costi dei ricoveri sul totale dell’assistenza psichiatrica “per acuzie è pari al 6%”. La Sip lancia oggi un altro allarme: “Il personale nei Servizi di Salute mentale continua a calare. Nel 2015 ci sono 29.260 unità, rispetto alle 34 mila del 2010. Ci troviamo davanti a un paradosso- sottolinea il presidente- aumentano le richieste riguardanti la salute mentale a tutti i livelli (159 persone ogni 10 mila abitanti arriva ai servizi), ma assistiamo ad una forte contrazione delle risorse umane“.

LA SALUTE MENTALE COSTA 3 MILIARDI MA ALLA PSICHIATRIA SOLO IL 3%

“La salute mentale costa 3 miliardi ma alla quota psichiatria tocca il 3,1%. Dobbiamo affrontare diverse criticità: il tema dei ricoveri nelle cliniche private, l’enorme differenza tra Regioni. La Sip c’è- conferma il direttore del dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano- ma parliamo con le Regioni linguaggi differenti. Se per i primi 39 anni di riforma, che ricorre il 13 maggio, si è puntata l’attenzione sulle strutture territoriali, adesso dobbiamo parlare di accessibilità, efficacia, sicurezza e della troppa diversità regionale”. Secondo una ricerca condotta dall’Università Bocconi “il dipartimento di Salute mentale della Asl di Roma conta 497 mila abitanti, a Genova 868 mila abitanti, l’Ausl della Romagna conta 1.124.866 abitanti, quella di Bari 1 milione 266 mila abitanti. Numeri enormi e difficili da coordinare in maniera efficiente per un Dipartimento di salute mentale che si occupa anche di dipendenze, e in Lombardia ha pure i consultori”.

QUANTO SPENDIAMO IN SALUTE MENTALE

“Pochissimo. Tranne il Trentino Alto Adige, in parte l’Emilia Romagna, che arriva a lambire l’asticella del 5% e la Lombardia del 4%, tutto il resto del Paese non è competitivo. In particolare- puntualizza il medico- la Basilicata, la Campania, le Marche e la Sardegna raggiungono solo il 2.5%.I nostri colleghi europei spendono oltre il 10% (francesi, tedeschi e inglesi)”.

Da qui l’importanza della Carta della salute mentale promossa dalla Sip insieme alle associazioni che hanno aderito con proposte concrete. Dodici punti, ma alcuni sono prioritari: “Chiediamo che i Livelli essenziali di assistenza (Lea) siano garantiti in tutte le Regioni con giuste risorse e che ci sia un coordinamento e un minimo di omogeneità. Lo stanziamento della spesa deve arrivare almeno al 6%, perché con questo numero si potrebbe cambiare tanto il settore”, spiega Mencacci. Il presidente della Sip conclude: “Dal coordinamento dei familiari della Toscana abbiamo ricevuto proposte molto concrete (lavoro, co-housing), che ci fanno capire che qualcosa si può fare. Arriviamo in ritardo e diamo poche opportunità a questi giovani. Purtroppo la Sanità è a pezzi, vige ancora il principio ‘Regione che vai Salute che trovi’. Noi diciamo basta a un sistema che offre meno diritti e più disuguaglianza, e vogliamo dare il nostro contributo”.

di Rachele Bombace, giornalista professionista

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