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La depressione, ma quale? Uno studio ne individua 4 tipi

22 Dicembre 2016

Analizzando la connettività neurale dei pazienti con questa patologia, uno studio è riuscito a individuare ben quattro sottotipi differenti di questa patologia, avvicinando la psichiatria le porte della medicina di prec

La depressione, ma quale? Uno studio ne individua 4 tipi

NON UNA, ma ben quattro tipi differenti di depressione. A individuarli sono stati gli scienziati della Weill Cornell Medicine di New York che raccontano su Nature Medicine come i pazienti con questa patologia possano essere classificati in quattro sottotipi distinti, riconoscibili grazie a specifici biomarker: modelli distinti di connessioni anomale tra i neuroni di alcune aree del cervello. Una scoperta che si inserisce in un crescente filone di ricerche che stanno spingendo anche la psichiatria verso la cosiddetta medicina di precisione: un futuro in cui gli psichiatri potranno diagnosticare al meglio le differenti forme di depressione e personalizzare la terapia per ogni singolo paziente basandosi sulle caratteristiche della sua malattia.

strong>Lo studio. Nella nuova ricerca i ricercatori hanno ha analizzato più di mille risonanze magnetiche funzionali (fMRI) alla ricerca di ‘biomarcatori’, particolari pattern di connessioni neurali anomale caratteristiche di questa patologia. Lo studio ha evidenziato di quattro modelli distinti di connettività anormale nel cervello dei pazienti, che permettono di identificare quattro sottotipi di depressione differenti, collegati con sintomi specifici. Per esempio, una connettività ridotta nelle aree cerebrali che regolano la paura è risultata comune in due dei sottotipi, collegati sul piano clinico a una maggiore prevalenza di ansia.

I 4 sottotipi. “I quattro sottotipi di depressione che abbiamo scoperto variano in termini di sintomi clinici, ma la cosa più importante è che si differenziano per le loro risposte al trattamento –  spiega l’autore Conor Liston – .Ora possiamo prevedere con grande precisione se un paziente risponderà alla terapia di stimolazione transcranica magnetica, che normalmente richiede cinque settimane per dimostrare la sua efficacia in un paziente”.

A ognuno la sua terapia. La stimolazione transcranica magnetica di cui parla Liston è una terapia non invasiva, che sfrutta dei campi elettromagnetici per modulare e inibire in modo piuttosto selettivo l’attività di specifici gruppi di neuroni. È semplice e priva di effetti collaterali ma non risulta sempre efficace nei pazienti che soffrono di depressione. E per questi pazienti, ricorda l’esperto, cinque settimane di attesa per verificare se la terapia avrà effetto sono un periodo molto lungo. Per questo motivo, se confermati, i risultati di Liston si rivelerebbero particolarmente importanti.

Servono ulteriori verifiche. Il prossimo passo dei ricercatori americani sarà quindi tentare di replicare e confermare i risultati ottenuti, per poi estendere le loro ricerche anche ad altre altre forme di disturbi mentali. “L’identificazione di specifici sottotipi è un aspetto importante della psichiatria contemporanea, e non soltanto nella depressione – conclude Liston – .Sarebbe davvero utile avere test oggettivi, biologici, che possono aiutare a diagnosticare i sottotipi di altre malattie mentali come i disturbi psicotici, l’autismo e sindromi da abuso di sostanze”.

Psichiatria di precisione. Lo studio, come anticipato, segna un ulteriore passo in avanti della psichiatria verso la medicina di precisione. Un futuro in cui gli psichiatri potranno effettuare una valutazione dettagliata di ogni singolo paziente sfruttando informazioni come dati genetici, biomarcatori, neuro-imaging cerebrale per identificare la specifica tipologia di depressione di cui soffre. “Questo studio è molto interessante perché riprende la grande attenzione della connettività neurale – spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria – .Molti degli studi svolti fino ad oggi si sono concentrati sull’ippocampo, mentre questo è andato a vedere com’è la connettività nelle diverse aree cerebrali. Inoltre, gli scienziati americani, in questo caso, portano l’attenzione sulla stimolazione magnetica transcranica, una tecnica molto semplice e senza effetti collaterali che va utilizzata nei casi dove i farmaci non danno i risultati desiderati. La scienza e la ricerca sulla connettività neurale è di fondamentale importanza per il futuro: la speranza è che presto questi studi portino a individuare una serie di biomarkers per poter utilizzare questa tecnica e trattare i pazienti con depressione nel modo migliore”.

Da Repubblica

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