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La depressione si diffonde sempre di più, sette regole (più una) per combatterla

10 Dicembre 2016

Oltre quattro milioni di italiani lottano contro la depressione.

(Fotolia)

Oltre quattro milioni di italiani lottano contro la depressione. In maggioranza si tratta di donne, perché il sesso femminile ha un rischio doppio di sviluppare la patologia, e la diffusione è in continua crescita anche per colpa della crisi economica: negli ultimi dieci anni la salute mentale è peggiorata soprattutto fra i giovani con meno di 34 anni e gli adulti fra i 45 e i 55 anni, che fanno i conti con le difficoltà sul posto di lavoro e nella gestione della famiglia. La depressione comporta costi personali e sociali elevatissimi, ecco perché la Società Italiana di Psichiatria ha da poco pubblicato un documento in cui stila le regole per combatterla, pensate per pazienti e familiari ma anche per i medici.

Attenzione ai campanelli d’allarme

Le “spie” della depressione possono essere tante, non solo la perdita di interesse o di piacere per le cose normali (la vita professionale, sociale o di relazione), ma anche aspetti cognitivi come un calo della concentrazione, dell’attenzione e della memoria di lavoro. Non mancano altri segnali spesso trascurati, come il procrastinare le decisioni o l’incapacità di attuare strategie di problem solving, sia in contesti banali che più complessi.

Accorciare i tempi della diagnosi

Il tempo medio per arrivare alla diagnosi è oggi ancora molto elevato, si stimano in media due anni fra i primi sintomi e l’inizio delle terapie. Due anni è anche il tempo medio per decidersi a consultare un medico, con le conseguenti implicazioni negative sulle manifestazioni, l’efficacia delle cure e il recupero dalla malattia. Il ruolo femminile è cruciale come “sentinella” per se stesse e i familiari: le donne, oltre a essere colpite dalla malattia in maniera doppia rispetto gli uomini, nel loro ruolo di caregiver possono identificare i primi segnali nei loro cari e orientare precocemente alle cure.

Curarsi «bene»

Tuttora solo un paziente con depressione su tre si cura davvero: accedere alle terapie perciò è importante, ma lo è anche seguirle secondo le modalità indicate dal medico di medicina generale o dallo psichiatra, in funzione dei diversi bisogni o della gravità della patologia. Se il trattamento non viene seguito nel modo giusto, infatti, è probabile che non funzioni.

Non interrompere mai le cure

Il “fai-da-te” non è consigliabile in nessun percorso terapeutico, ma nelle malattie o nei disturbi mentali lo è ancor di meno perché le ricadute, nuovi episodi, la riacutizzazione delle manifestazioni o la riesposizione a fattori di rischio sono spesso frequenti.

Seguire uno stile di vita sano

È importante per sentirsi meglio: sì a una corretta alimentazione, evitando cibi che contengano eccitanti o troppi grassi e zuccheri, e alla correzione di comportamenti come il consumo di alcol e droghe che hanno effetti negativi sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali. Essenziale la pratica regolare di un’attività fisica, con almeno 40-60 minuti di sano movimento per 3-4 volte a settimana; rientra nelle buone abitudini anche limitare la vita “multitasking”, impegnata su troppi fronti. Una raccomandazione fondamentale soprattutto per le donne, spesso esposte a più ruoli e a più occupazioni ugualmente impegnative.

Non trascurare quantità e soprattutto qualità del sonno

Un sonno breve e disturbato è un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. Diversi studi hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base dello sviluppo di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione.

Confidarsi e parlarne, informare le persone care

Oltre alle terapie con i farmaci, contro la depressione sono molto importanti le cure psicoterapiche e l’ambiente attorno. Nel percorso di recupero da una depressione è fondamentale avere accanto una famiglia accogliente, comprensiva, poco giudicante che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia. Un’attenzione che va riservata soprattutto alla donna, più esposta non solo allo sviluppo di patologie croniche, ma anche a un maggior decadimento cognitivo come “effetto collaterale” della depressione.

Individuare il rischio di stigma

Infine una buona regola per i pazienti, ma soprattutto per i medici: occorre infatti identificare contesti e situazioni in cui potrebbe esistere una difficoltà maggiore del paziente a parlare del proprio problema, per colpa della vergogna che molti provano in merito al disturbo mentale e alla depressione. Se questo è il caso, servono un’attenzione e un sostegno supplementare in tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi alla terapia.

Da Corriere.it

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