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Psichiatra, per deboli c’è rischio ‘contagio’ Isis

20 Luglio 2016

Emulazione fenomeno noto, propaganda ormai solo su web.

(di Pier David Malloni)

ROMA – Ogni azione terroristica può generare un ‘contagio’ dettato dall’emulazione, con le persone più deboli, come può essere un adolescente o una persona che ha già problemi psicologici, pronte a trovare sfogo nella violenza. È il commento di Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria, al caso del diciassettenne che in Germania ha fatto tre feriti, per cui secondo l’esperto si possono fare considerazioni che valgono per diversi episodi recenti.

“Un adolescente è uno dei soggetti più vulnerabili – afferma Mencacci – ma più in generale si sta verificando un fenomeno che in psichiatria conosciamo bene e vediamo ad esempio nel campo del suicidio. Persone disadattate, nichiliste sono spinte ad abbracciare una causa così radicale, che garantisce loro il maggior rifiuto possibile del mondo. L’emulazione, il fare un gesto clamoroso che trasforma in martire ed eroe, ci pone anche il problema di quanta amplificazione dare a questi gesti, che a loro volta generano un ‘contagio'”.

Quello tra problemi psicologici e propaganda è un ‘mix velenosissimo’, sottolinea l’esperto. “La questione è che oggi qualunque persona con tendenze antisociali può ispirarsi a Daesh, improvvisarsi suo adepto. Con l’incitamento ad agire dato dalla propaganda si viene a generare una situazione che assicura la prima pagina, e questo è un mix velenosissimo, mette insieme la condizione di megalomania, la grandiosità, l’esibizionismo a situazioni di violenza estrema. Questo tipo di attacchi fa ancora più paura di quelli più coordinati”.

È il web, ricorda Mencacci, il principale terreno per la propaganda. “L’emulazione è fortemente sostenuta dalla rete, non passa più per i luoghi collettivi, tutto avviene sul web attraverso questi messaggi di radicalizzazione molto rapida. Nel contempo queste vampate fanno comprendere che c’è una abilità da parte dei reclutatori, che aizzano le azioni che necessitano di organizzazioni meno elaborate, il gesto dell’individuo che si dà un’identità attraverso la rete”.

Il fenomeno, afferma Mencacci, va contrastato anche lavorando sui problemi psicologici. “Bisogna fare una politica per i giovani – sottolinea – si vede che tanto più alto è il disadattamento tanto più cresce il rischio. Certi messaggi riescono a penetrare per il disadattamento, non c’è nulla di religione, si radicalizzano ma solo per facciata. Serve una politica di opportunità soprattutto per i giovani maschi, in più studi emerge che è in questa categoria che si deve intervenire”.

Da ANSA

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