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Psichiatra, psicologo o neurologo? A chi rivolgersi e quando.

10 Novembre 2013


Aver chiare le differenti competenze può facilitare il ricorso ai diversi esperti della salute mentale

Sentirsi depressi, non riuscire a dormire la notte, l’ansia che non abbandona, lo stress fuori controllo. Sintomi comuni, che la maggior parte di noi ha sperimentato in qualche momento della vita. Possono essere normali, per esempio, in seguito a un evento traumatico come un lutto, la perdita del lavoro, la fine di un amore o una malattia. Ma le reazioni di ciascuno alle intemperie del destino dipendono dalla storia personale, dagli aspetti biologici, dal contesto in cui si vive. Se, a distanza di tempo, quei sintomi persistono e diventano ingestibili, potrebbero essere la spia di una sofferenza più profonda. Secondo le stime della Società italiana di psichiatria (Sip), circa 4 italiani su 10 soffrono di qualche disturbo psichico.

PREGIUDIZI – «Nella maggior parte dei casi non si tratta di problemi cronici o severi – chiarisce il presidente della Sip, Claudio Mencacci -. Ma, se un disturbo viene sottovalutato, può cronicizzarsi e aggravarsi col passare del tempo. Purtroppo, la maggior parte di chi ne soffre non accede alle cure o lo fa in ritardo: tuttora esiste intorno alla salute mentale un alone di paure, vergogna, pregiudizi». Così si tende a nascondere il disagio, eppure la maggior parte dei disturbi psichici è curabile. «Oggi – sottolinea lo specialista – esistono trattamenti efficaci. Anche in caso di malattie più severe i trattamenti permettono, se non di guarire completamente, almeno di gestirle meglio, consentendo ai pazienti di condurre una vita dignitosa». Il primo passo, quindi, è abbattere il muro di paura nei confronti dei disturbi psichici e lo stigma dell’incurabilità che da sempre accompagna la sofferenza mentale. Ma quali sono gli specialisti cui fare riferimento? Quando occorre chiedere aiuto allo psicologo? Quando allo psichiatra, piuttosto che al neurologo? «A volte i loro ruoli si sovrappongono erroneamente – chiarisce Mencacci -, ma ciascuno ha un suo percorso formativo e competenze specifiche».

GLI SPECIALISTI – Partiamo dalla formazione. Lo psichiatra e il neurologo sono medici, che hanno conseguito la specializzazione nelle rispettive branche. Lo psicologo, dopo essersi laureato in psicologia, ha svolto un tirocinio e poi ha sostenuto l’esame di Stato per iscriversi all’Albo professionale. Non essendo medico, però, non può prescrivere farmaci. La psicoterapia, invece, può praticarla chi è abilitato, sia psicologo che medico, previa formazione specifica. «Lo psicologo è, in genere, la figura professionale che incute meno timore, mentre ci possono essere ancora ritrosie a rivolgersi allo psichiatra – fa notare Mencacci -. Ma lo psichiatra, oltre a un sapere relazionale che deriva dalla formazione in psicoterapia, ha una competenza medica che gli permette di fare la diagnosi: per esempio, un disturbo da panico potrebbe essere anche la “spia” di problemi cardiologici o alla tiroide. Oggi, poi, la psichiatria non si occupa più solo della follia e di malattie psichiche gravi, ma della salute mentale in senso lato e cura anche disturbi come ansia e depressione». Proprio per facilitare l’accesso alle cure, anche per superare la barriera della vergogna ad andare da quello che a volte viene ancora considerato il medico dei “matti”, esistono in diverse realtà, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, ambulatori specifici dove curare, per esempio, la depressione post-partum, l’ansia o disturbi post-traumatici da stress.

IL NEUROLOGO – Quando, invece, occorre rivolgersi al neurologo? «Se in passato il neurologo si occupava anche di alcuni disturbi psichiatrici – spiega Giancarlo Comi, già presidente della Società italiana di neurologia -, oggi questo specialista si concentra sulle patologie d’organo e demanda i disturbi della personalità allo psichiatra, anche quando questi ultimi compaiono in persone che soffrono di malattie neurologiche. Per esempio, al neurologo spetta la cura del malato di Alzheimer, mentre i disturbi complementari di comportamento, come la depressione, sono di competenza dello psichiatra».

LO PSICOLOGO – E qual è il ruolo dello psicologo? «Innanzitutto bisogna stare attenti a non etichettare come disturbi anche reazioni normali, per esempio quelle in seguito a un lutto – avverte Pierluigi Policastro, presidente di Sipap, la Società italiana psicologi area professionale privata, che lo scorso ottobre ha promosso una campagna d’informazione proprio per fare chiarezza tra i cittadini sulle diverse figure di riferimento -. Se poi quell’evento traumatico, col passare del tempo, rischia di trasformarsi in depressione, allora diventa necessario il supporto psicologico». Aggiunge il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, Giuseppe Luigi Palma: «Noi operiamo su variabili specificatamente psicologiche, quali la consapevolezza di sé, l’autostima, le risorse emotive, relazionali o cognitive, intervenendo con tecniche e approcci diversi per migliorare la qualità di vita della persona, ad esempio, mettendola in grado di far fronte allo stress». «Che le cure psicologiche e la psicoterapia siano valide, per esempio, nel trattamento dell’ansia e della depressione lieve e moderata, è stato confermato da un recente studio dell’American Psycologist Association – sottolinea Policastro -. Si ottengono risultati più duraturi rispetto all’uso dei soli psicofarmaci, perché si aiutano le persone a prendersi carico della complessità degli eventi che vivono. Certo, se i sintomi diventano particolarmente invalidanti, vanno usati anche i farmaci, che saranno prescritti dai medici».

PREVENZIONE – Serve, quindi, l’integrazione tra le diverse competenze. «Ciascun professionista fa la sua parte, importante è affidarsi ad esperti – puntualizza Mencacci -. A volte, proprio perché si ha paura di rivelare la propria sofferenza, si cercano soluzioni alternative, rivolgendosi a “guaritori” improvvisati. Occorre invece parlare subito dei propri disturbi col medico di famiglia, che ha il compito di indirizzare il paziente verso il percorso più adeguato». La prevenzione e la diagnosi precoce svolgono come al solito un ruolo fondamentale. «La maggior parte dei disturbi psichici, anche i più severi come quelli psicotici (per esempio, disturbi dell’umore o schizofrenia), si manifesta già nell’adolescenza – afferma lo psichiatra -. Individuarli tempestivamente significa intervenire al più presto e ottenere risultati efficaci». Occorre, però, potenziare i servizi sul territorio.

LA CRISI – «In questi anni, anche a causa della crisi economica, i bisogni di salute mentale sono aumentati – continua Mencacci -. E i servizi, depauperati, non sempre sono in grado di dare risposte adeguate alle persone. Rafforzarli significa investire sulla vita delle persone e del Paese, dal momento che i disturbi psichici provocano disabilità in un caso su quattro, con enormi costi per la collettività». «In Italia – aggiunge Policastro – la psicoterapia viene vista ancora come un lusso. Eppure, uno studio della London School of Economics evidenzia che le cure psicologiche, oltre a migliorare la qualità di vita dei pazienti, fanno risparmiare». I motivi? Si ricorre meno alle medicine e si riducono sensibilmente le assenze dal lavoro per malattia. «Parte di quel risparmio – conclude lo psicologo – potrebbe essere investita in servizi offerti nell’ambito del sistema sanitario pubblico a chi ne ha bisogno».

Da Corriere della Sera

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