/ Rassegna Stampa

Dialogo, attenzione, controllo. Come evitare i rischi ai nostri figli.

6 Novembre 2017

L'uso dei social, la comunicazione e le trappole. "Un genitore non può delegare a nessuno il compito di aiutare gli adolescenti a sviluppare i giusti anticorpi contro i pericoli".

Claudio Mencacci, psichiatra: cosa spinge una quattordicenne a scambiarsi messaggi con uno sconosciuto sui social network?
«I social garantiscono delle identità come meglio sono desiderate. La semplicità della comunicazione fa emergere tutte le fantasie dell’adolescente, che vengono colte e trasformate da chi risponde dall’altra parte. Questo crea rapidamente un abbassamento delle difese e anche della valutazione dei rischi».

Dal messaggio si passa all’incontro reale. Anche qui, perché?
«L’adolescente ha trovato sul social conferma da parte dell’adulto. Si sente riconosciuta e questo la lusinga. Il fatto che lui provi attrazione la fa sentire desiderata, le ha tolto la paura di non essere all’altezza».

Non subentra la paura per un incontro di persona?
«No, perché quello che transita sui social network, e lo vediamo anche nella facilità con cui si condividono selfie con segmenti del proprio fisico, è un corpo depauperato della sua emotività. La sessualità è separata dalla relazione».

Un tempo ci si scriveva a lungo. Ora i «preliminari» della conoscenza a distanza sono rapidissimi.
«L’intensità degli scambi sui social è altissima, questo aumenta l’impulsività e riduce sensibilmente l’analisi delle conseguenze. Nell’eccesso di realtà offerto dalle piazze virtuali si perde del tutto il principio di responsabilità: si pensa di poter scrivere e cancellare una parola. Ma nel mondo vero non sempre si può tornare indietro ».

Un genitore cosa può fare? Come deve vigilare?
«Vigilare è fondamentale. Qui subentra la responsabilità dei padri e delle madri. Hanno anzitutto il compito di spiegare ai figli quali rischi corrono. Le modalità con cui esercitare il controllo possono essere diverse: se si riesce a mantenere un dialogo aperto, il genitore può essere per esempio amico dei figli su Facebook, osservandone il comportamento sui social. Allo stesso modo con cui chiede a pieno diritto di conoscerne gli amici».

Questo non può far chiudere a riccio un figlio?
«È importante comprendere la necessità adolescenziale di mantenere i propri spazi. Ma un genitore non può delegare a nessun altro il compito di aiutare un figlio a sviluppare i giusti anticorpi verso i rischi della vita. Se la strada del dialogo e della comprensione trova porte sbarrate, è legittimo controllare di nascosto».

In caso di rischio reale che cosa bisogna fare?
«Il genitore deve imparare a segnalare alla polizia postale situazioni che costituiscano veri e propri adescamenti di minori. Oggi assistiamo a una riedizione della vecchia favola di Cappuccetto rosso: i lupi non sono più nascosti dietro gli alberi, ma dietro allo schermo di un computer. Spesso hanno anche venti o trent’anni più delle loro giovani vittime, per le quali aver sollecitato l’attenzione di un uomo tanto più grande è gratificante».

Perché un genitore non riesce a capire più se un figlio sta correndo un rischio così grande?
«Il tipo di comunicazione dei più giovani è completamente cambiato e, soprattutto, non rispetta più i tempi canonici del sonno-veglia: oggi avviene nell’arco delle ventiquattro ore, soprattutto la notte prima di addormentarsi e la mattina prima di uscire dalla stanza. Un genitore è tagliato fuori».

Come si esce da un’esperienza così drammatica come quella delle due adolescenti romane?
«Un’esperienza così lascia un segno profondo nell’affettività e nell’emotività. L’augurio è che le due ragazzine possano riconciliare sessualità, affettività e relazioni, perché quello che hanno sperimentato è l’esempio piu distante possibile. Data la loro età, può essere molto efficace, in termini di rapidità della risposta, la tecnica dell’Emdr associata a una terapia cognitiva».

 

Leggi l’articolo completo in allegato.

 

Da Corriere della Sera e La 27ma Ora

Download
elenco Rassegna Stampa